29/05/2016


Alicante Mondiali Veterani: la metafisica del ping pong
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La metafisica del ping pong
Per un pongista che non ha mai partecipato a un evento internazionale, entrare nella sede dei campionati mondiali veterani di Alicante fa lo stesso effetto che farebbe a un bambino che si trovasse di fronte a un enorme Luna Park. Nell'area esterna si affollano migliaia di divise multicolori che rivestono individui di lingue e razze diverse, diretti ordinatamente verso l'ingresso dei padiglioni fieristici, l'unica struttura in grado di ospitare i 165 tavoli necessari per far giocare in meno di una settimana 4.500 giocatori dai 40 ai 100 anni.
Dopo la registrazione, la perfetta organizzazione fa affluire gli atleti e gli accompagnatori attraverso un percorso obbligato (tipo Autogrill) circondato di stand zeppi di gomme, fusti, abbigliamento di tutte le marche note e meno note: una specie di Paese dei balocchi che accompagna l'ingresso ai campi di gioco. 
Quando finalmente si arriva alla "palestra" (un'enorme padiglione quadrato, grande come due campi di calcio), lo spettacolo dei 165 tavoli ben ordinati e delimitati con ampi spazi di gioco, con piccole tribune che consentono agli spettatori di godersi da vicino ogni partita, fa venire la pelle d'oca (vedi foto).


Sui tavoli si vede di tutto: brasiliani che impugnano a penna piccole racchette rettangolari, vietnamiti con manici lunghi 30 cm (vedi foto), svedesi che eseguono top spin di dritto e rovescio con eleganza e perfetta padronanza tecnica, cinesi di ogni età che saltellano come grilli da una parte all'altra del tavolo, giapponesi che fanno l'inchino alla fine di ogni set: c'è perfino un mongolo col codino e la faccia di Gengis Khan!

Gli orari di gara e il numero di tavolo vengono comunicati con un efficientissimo servizio di SMS e il mio girone comprende un tedesco, un francese e un austriaco (come nelle barzellette).
Il francese non si presenta. L'austriaco gioca nella serie B del suo Paese ed è un clone di Caprini, ma fortunatamente con qualche anno in più e meno resistenza. La partita è una maratona di 45 minuti che vinco con enorme dispendio di energie.
Il tedesco è un elegante attaccante con Tenergy sul dritto e puntinata corta sul rovescio: fortunatamente soffre il puntino e quindi, un giorno prima della ricorrenza della vittoria italiana sul fronte del Piave (24 maggio), le forze austro prussiane vengono sconfitte definitivamente.
Il giorno dopo il girone del doppio è molto meno gratificante. Avevo scelto via internet un pongista cinese, convinto che se veniva fino in Spagna sarebbe stato fortissimo, invece era un quinta scarso, l'unico cinese che gioca con l'antitop. In effetti è nato in Canada e si è trasferito in Cina per insegnare all'università (non certo ping pong...). Abbiamo perso con inglesi e svedesi e vinto con due italiani (Morino e Manzini) lo scontro fratricida che ci condanna al terzo e quarto posto. Ho rifiutato di fare il torneo di consolazione, dicendo che dovevo andare al mare...
Il giorno successivo inizia il tabellone a eliminazione diretta con 256 giocatori e il mio primo avversario è un cinese di Hong Kong (Chan Boom), che gioca con una puntinata vetrificata color Bustreo sul rovescio e una puntinata corta sul dritto con cui tira schiacciate terrificanti (Boom di nome e di fatto!) appena gli alzo una palla. Anche lui però non digerisce il mio puntino e con un tirato 12-10, 12-10, 11-9 passo il turno. 
L'incontro successivo è contro l'arabo-tedesco Tamimzadeh, che ha appena eliminato uno dei cinesi più quotati, con scambi spettacolari giocati grazie a 2 Tenergy ultrarotanti boosterizzate legalmente (così dice...). Il giorno prima ho finito di leggere un interessante libro (La metafisica del ping pong, di Guido Mina di Sospiro, ed. Ponte alle Grazie) in cui l'autore teorizza che i pongisti si dividono in 2 categorie: metafisici ed empiristi. I metafisici si sforzano di padroneggiare l'arte dello spin, di scoprire il segreto insito nel cuore del gioco (agile gioco di gambe, rapido movimento del polso, variazioni del taglio) usando ovviamente gomme lisce, che gli consentono di affrontare la vita di petto, desiderosi di avvicinarsi il più possibile alla VERA FORMA, quella che Platone esemplifica nel suo "Mito della caverna", in cui gli uomini veri escono dalla caverna per scoprire la vera vita.
Gli empiristi invece usano i puntini o le antitop e quindi scelgono di privilegiare la vita facile e senza sforzo. Rinunciando alle gomme lisce preferiscono restare nella caverna e quindi sono fondamentalmente dei perdenti, la personificazione della viltà e della pigrizia umana: privi di inventiva, distruttivi, parassiti o semplicemente noiosi.
Entro in campo col tedesco metafisico con la convinzione di rappresentare il parassitismo empirico e con lui gioco una delle migliori partite della mia vita, supportato dalla trascinante coach Sabrina Moretti che con mia moglie costituisce il "Club Italia", che fronteggia coraggiosamente il gruppone dei tifosi tedeschi. Spezzo i suoi splendidi meccanismi e la sua vera forma con i miei vili puntini, lo sorprendo con ripetuti top spin e blocco i suoi come ai bei tempi: il 3-2 mi fa entrare nei primi 64 del mondo e comincio a prenderci gusto. 
Il cinese Liu, l'ultimo ostacolo della giornata, è un clone di Gussoni: puntinata media sul rovescio, liscia sul dritto, servizi velenosi e dritto da bombardiere. Peccato che sia mancino e che, al contrario del Gus, sbaglia il top solo dopo che gliene blocco almeno 5...
Il sogno finisce e perdo 3-2, con la piacevole sensazione di potermela giocare con tutti i miei coetanei a livello mondiale. Sono arrivato tra i migliori 64, per cui sono sulla buona strada per il mio obbiettivo a lungo termine: la vittoria nella categoria over 80!

pier