Il 1989 è
stato un anno indimenticabile. Uno spartiacque della Storia contemporanea.
Tutti ricordano il Muro di Berlino – e hanno ragione vista l’importanza di
quel 9 Novembre - , io ricordo invece un afoso pomeriggio di Giugno, il 5
Giugno per l’esattezza. Ricordo la tapparella del soggiorno abbassata per non
far entrare il sole, la televisione con il tubo catodico sintonizzata su Rai 3,
delle immagini sfumate e la voce del mai troppo rimpianto Giampiero Galeazzi.
Di fronte ci
sono il numero 1 del Mondo – Ivan Lendl – detto anche il terribile - e un semisconosciuto minorenne cinesino
naturalizzato di Taiwan – all’anagrafe Michael Chang – che scriverà
una delle pagine più indelebile in uno dei palcoscenici più pregiati della
Storia del Tennis: Il Roland Garros.
Chang è
sotto 2 set a zero, senza gioco, senza speranza alcuna contro una macchina da
punti cecoslovacca - eh si…c’era
ancora la Cecoslovacchia e la Cortina di Ferro - sugli altri canali non fanno nulla, mi
soffermo a guardarla, “finirà presto” dico a me stesso.
Qui si
chiudono la trita cronaca e la banale contesa tennistica lasciando il posto ad
una concatenazione di eventi che rendono questa partita eterna. Stephen
Chbosky – contemporaneo scrittore e regista statunitense – durante
una conferenza stampa in un festival del cinema disse :” se non sei in
grado di raggiungere l’eccellenza amplifica i tuoi difetti, costringerai gli
altri a seguire la tua strada”. E’ quello che mette in atto il gracile
Michael contro l’impettito Ivan: retrocede il proprio difetto tennistico
fino all’ultima scala evolutiva del tennis; è una serie incredibile di
assurdità: riceve in mezzo al campo, inizia a giocare a pallonetti, si prende
più pause di quanto dovuto, mangia banane ad ogni cambio campo - generando negli anni a venire la falsa
convenzione che quella indigestione di banane potesse migliorare le performance
tennistiche – fino all’apoteosi del colpo da principiante: serve da
sotto come se fosse alla prima lezione di Tennis.
Lendl
impazzisce e perde l’incontro. Pochi sanno che non è stata la prima volta che
il compassato campione ha subito un’angheria del genere. Adriano Panatta
– ahimè, ultimo grande tennista italiano – ne abusò sportivamente in un match
di coppa Davis nel 1979 rifilandogli un duplice 6-0 con un paio di servizi
da sotto che lo costrinsero alla lacrime.
Dal Tennis
al Tennistavolo il passo è più semplice di quanto sembri, almeno per le
condizioni in cui una partita si gioca. Pier Offredi vince una partita
decisiva contro un’istituzione pongistica come Alberto Nazzari servendo nel
più semplice dei modi possibili. Il colpo finale, un “ace” contestato –
forse più per il momento che per il gesto -
è un inno alla semplicità, il canto del cigno di una partita tra due
grandi interpreti, il degno epilogo di un pomeriggio dal sapore un po’
vintage ma comunque perfetto per i due vecchi leoni – Pier e Francesco -
che, per l’ennesima volta, ne fanno 5 in due.
Comincio
a pensare che il tennistavolo sia quel palcoscenico della vita dove recitiamo
ciò che realmente siamo, senza infingimenti, ma con l’immediatezza che solo lo
sport consente attraverso le continue sollecitazioni adrenaliniche cui
sottoponiamo le nostre pulsioni, le paure, l’ego o il bisogno di superare i
nostri limiti.
E’ scontato
che in questo contesto compaiano anche le nostre angosce, le nostre paure, i
dubbi, i limiti che sappiamo di avere ma facciamo fatica ad accettare o
fingiamo di non conoscere oltre alla rabbia che ci consuma dentro se non
riusciamo a fare quello che vogliamo.
L’avversario,
sull’altro lato del tavolo, è la metafora della vita: per quanto ogni pongista si sforzi
di sembrare quello che è, la sua indole apparirà, senza veli, più di quanto lui
stesso sia disposto ad ammettere.
Non ho mai conosciuto
più di tanto Francesco e Pier fuori dal contesto sportivo; sui tavoli e nelle
palestre li ho visti vincere (tanto) e perdere (poche volte, alcune però
sanguinose). Ogni volta ne ho visto il lato umano e ho portato a casa
qualcosa di buono per me stesso. E’ per questo che sono ancora qui, ancora
con loro e con due nuovi amici.
Adesso siamo
PRIMI, DA SOLI, esattamente come
l’ultima volta.
vince