“La Forza non deriva dalla capacità fisica. Deriva da
una volontà indomita”(M. Gandhi)”
Il 3° set di Francesco è stato uno dei brutti che gli
abbia mai visto giocare. Senza un briciolo di strategia, di vis pugnandi, di
lucidità. Quasi una resa.
La frase che mi dice alla fine del set è terribile: “non
ho la testa, non so cosa fare”.
Io lo so che è una finta, il mio sconforto dura un
frazione di secondo, gli dico qualcosa perché ha bisogno che qualcuno gli
dica qualcosa, lui sa già cosa fare.
Il 14 Ottobre 2001, in Serie A, va in scena il Derby
della Mole: una Juve fortissima e al top in Europa affronta l’indomito
cuore Granata: il risultato sembra già scritto. Alla fine del primo tempo,
per i guerrieri del Torino, va anche peggio: doppio Del Piero e sigillo di
Tudor; si scommette sul punteggio tennistico.
Sul finire della prima frazione, i bianconeri in campo si
dilettano nel beffardo torello ad
irridere gli avversari, accompagnati ritmicamente dagli olé della Curva Scirea: sarà la svolta per
gli avversari, la scintilla che provocherà la più classica delle reazioni
La Juve non ha fatto i conti con il cuore indomito:
impetuoso, focoso, fiero, ribelle. Indomito, per me, vuol dire che non
ti abbatti mai davanti alle difficoltà.
E il Toro non si abbatte. Lucarelli, Ferrante e
Maspero “bucano” Buffon e fanno impazzire la curva Maratona. 3-3. Poi, a fine
partita, succede quello che tutti si aspettano: rigore per la Juve.
Se Pier è il nostro metronomo, io quello grintoso
ma sregolato, i ragazzi si stanno “facendo” a poco a poco, Francesco
è il nostro cuore indomito.
Torna in campo, non si preoccupa dell’avversario e né di
quello che dice, non guarda neppure il risultato, mette la palla dall’altra
parte come vuole lui, astutamente. Vince set e partita.
Quando Francesco gioca, trasferisce sul tavolo il suo istinto
primordiale di sopravvivenza. Lui è fatto così: non lo abbatti, è uno di
quelli che esce per ultimo dal campo ed entra sempre come primo.
Gli indomiti perderanno qualche battaglia, mai le guerre.
Al 44esimo del secondo tempo, Salas – detto anche il
matador – si appresta a tirare il calcio di rigore generosamente
concesso. Non esiste soprannome più appropriato per chi vuole “matare” il Toro
nell’arena. Mentre si gira per prendere la rincorsa, Maspero si avvicina al
dischetto del rigore e, astutamente, scava un piccolo solco.
Salas non segnerà, il tiro finirà alto. Gli indomiti
hanno vinto.
Ne manca solo una ragazzi….
vincenzo