Per un pongista che non ha
mai partecipato a un evento internazionale, entrare nella sede dei campionati
mondiali veterani di Alicante fa lo stesso effetto che farebbe a un bambino che
si trovasse di fronte a un enorme Luna Park. Nell'area esterna si affollano
migliaia di divise multicolori che rivestono individui di lingue e razze
diverse, diretti ordinatamente verso l'ingresso dei padiglioni fieristici,
l'unica struttura in grado di ospitare i 165 tavoli necessari per far giocare in
meno di una settimana 4.500 giocatori dai 40 ai 100 anni.
Dopo la
registrazione, la perfetta organizzazione fa affluire gli atleti e gli
accompagnatori attraverso un percorso obbligato (tipo Autogrill) circondato di
stand zeppi di gomme, fusti, abbigliamento di tutte le marche note e meno note:
una specie di Paese dei balocchi che accompagna l'ingresso ai campi di gioco.
Sui tavoli si vede di tutto: brasiliani che impugnano a penna piccole
racchette rettangolari, vietnamiti con manici lunghi 30 cm (vedi foto), svedesi
che eseguono top spin di dritto e rovescio con eleganza e perfetta padronanza
tecnica, cinesi di ogni età che saltellano come grilli da una parte all'altra
del tavolo, giapponesi che fanno l'inchino alla fine di ogni set: c'è perfino un
mongolo col codino e la faccia di Gengis Khan!
Gli orari di gara e il numero
di tavolo vengono comunicati con un efficientissimo servizio di SMS e il mio
girone comprende un tedesco, un francese e un austriaco (come nelle
barzellette).
Il francese non si presenta. L'austriaco gioca nella serie B del suo Paese
ed è un clone di Caprini, ma fortunatamente con qualche anno in più e meno
resistenza. La partita è una maratona di 45 minuti che vinco con enorme
dispendio di energie.
Il tedesco è un elegante attaccante con Tenergy sul dritto e puntinata
corta sul rovescio: fortunatamente soffre il puntino e quindi, un giorno prima
della ricorrenza della vittoria italiana sul fronte del Piave (24 maggio), le
forze austro prussiane vengono sconfitte definitivamente.
Il giorno dopo
il girone del doppio è molto meno gratificante. Avevo scelto via internet un
pongista cinese, convinto che se veniva fino in Spagna sarebbe stato fortissimo,
invece era un quinta scarso, l'unico cinese che gioca con l'antitop. In effetti
è nato in Canada e si è trasferito in Cina per insegnare all'università (non
certo ping pong...). Abbiamo perso con inglesi e svedesi e vinto con due
italiani (Morino e Manzini) lo scontro fratricida che ci condanna al terzo e
quarto posto. Ho rifiutato di fare il torneo di consolazione, dicendo che dovevo
andare al mare...
Il giorno successivo inizia il tabellone a eliminazione diretta con 256
giocatori e il mio primo avversario è un cinese di Hong Kong (Chan Boom), che
gioca con una puntinata vetrificata color Bustreo sul rovescio e una puntinata
corta sul dritto con cui tira schiacciate terrificanti (Boom di nome e di
fatto!) appena gli alzo una palla. Anche lui però non digerisce il mio puntino e
con un tirato 12-10, 12-10, 11-9 passo il turno.
L'incontro successivo è contro l'arabo-tedesco Tamimzadeh, che ha appena
eliminato uno dei cinesi più quotati, con scambi spettacolari giocati grazie a 2
Tenergy ultrarotanti boosterizzate legalmente (così dice...). Il giorno prima ho
finito di leggere un interessante libro (La metafisica del ping pong, di Guido
Mina di Sospiro, ed. Ponte alle Grazie) in cui l'autore teorizza che i pongisti
si dividono in 2 categorie: metafisici ed empiristi. I metafisici si sforzano di
padroneggiare l'arte dello spin, di scoprire il segreto insito nel cuore del
gioco (agile gioco di gambe, rapido movimento del polso, variazioni del taglio)
usando ovviamente gomme lisce, che gli consentono di affrontare la vita di
petto, desiderosi di avvicinarsi il più possibile alla VERA FORMA, quella che
Platone esemplifica nel suo "Mito della caverna", in cui gli uomini veri escono
dalla caverna per scoprire la vera vita.
Gli empiristi invece usano i puntini o le antitop e quindi scelgono di
privilegiare la vita facile e senza sforzo. Rinunciando alle gomme lisce
preferiscono restare nella caverna e quindi sono fondamentalmente dei perdenti,
la personificazione della viltà e della pigrizia umana: privi di inventiva,
distruttivi, parassiti o semplicemente noiosi.
Entro in campo col tedesco metafisico con la convinzione di rappresentare
il parassitismo empirico e con lui gioco una delle migliori partite della mia
vita, supportato dalla trascinante coach Sabrina Moretti che con mia moglie
costituisce il "Club Italia", che fronteggia coraggiosamente il gruppone dei
tifosi tedeschi. Spezzo i suoi splendidi meccanismi e la sua vera forma con i
miei vili puntini, lo sorprendo con ripetuti top spin e blocco i suoi come ai
bei tempi: il 3-2 mi fa entrare nei primi 64 del mondo e comincio a prenderci
gusto.
Il cinese Liu, l'ultimo ostacolo della giornata, è un clone di Gussoni:
puntinata media sul rovescio, liscia sul dritto, servizi velenosi e dritto da
bombardiere. Peccato che sia mancino e che, al contrario del Gus, sbaglia il top
solo dopo che gliene blocco almeno 5...
Il sogno finisce e perdo 3-2, con la
piacevole sensazione di potermela giocare con tutti i miei coetanei a livello
mondiale. Sono arrivato tra i migliori 64, per cui sono sulla buona strada per
il mio obbiettivo a lungo termine: la vittoria nella categoria over
80!
pier